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"Francesco Crispi"

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Esercizi concentrazione.

LA CONCENTRAZIONE

(M.Scaligero: Manuale pratico della meditazione)

 

Essa è l’esercizio chiave della disciplina: il veicolo dell’illuminazione e della liberazione.

Consiste nel roccogliere il flusso del pensiero in un unico punto,così da conseguire una sintesi dinamica. Esso ripristina l’equilibrio Spirito-anima-corpo,quindi la salute corporea.

Il pensiero,originariamente è un potere di sintesi,ma a tale livello non conosce il suo contenuto, perché non è cosciente di sè; lo diviene volgendosi al sensibile: assumendo come proprio contenuto quale eco o immagine riflessa il cozzare con il mondo sensibile.

L’esercizio della concentrazione consiste nella evocazione di un oggetto prodotto dall’uomo,preferibilmnte esauribile in una serie minima di rappresentazioni,mediante cui sia possibile esprimere il massimo della forza pensiero: perciò l’oggetto più semplice.

Malgrado la sua elemetarità,esso è sempre difficile da realizzare,perché non connaturato con l’istitiva natura del corpo eterico.

Si consiglia di sciegliere un oggetto semplice,ma tassativamente prodotto dall’uomo,non dalle forze della natura; l’idea dell’oggetto costruito dall’uomo non è nell’oggetto,ma nella mente dell’uomo,mentre l’idea appartenente ad un ente della natura (cristallo,pianta,animale) è immanentemente dentro a questo: qui l’Idea è presente come potenza della sua forma.

Solo in una fase inoltrata dell’ascesi il discepolo potrà sperimentare quale “spirito” abiti l’oggetto inanimato costruito dall’uomo.

Nel cristallo, nella pianta e nell’animale,il discepolo si trova innanzi ad un’oggetto incarnante un pensiero che non é il suo pensiero,del quale ignora il principio e la sua causa vera.

La contemplazione degli enti della natura vivente in cui opera il pensiero universale,non fanno parte della disciplina della concentrazione,ma di un’altro tipo di esercizio che esige la percezione diretta dell’oggetto: tale esercitarsi non deve essere né l’atto iniziale del discepolo,né la chiave della sua liberazione.

Una volta scelto, l’oggetto va semplicemente evocato,non direttamente percepito, visualizzandolo all’interno dello spazio interiore,nella coscienza; percepirlo con i sensi durante l’esercizio sarebbe un errore, in quanto l’obiettivo è di sperimentare il pensiero libero da supporti sensibili.

L’obiettivo è, passando di rappresentazione in rappresentazione con un senso logico susseguente e concatenato, di ricavare da un oggetto tutto il pensiero che l’ha pensato,sino a potereliminarne il suo supporto sensibile per averne una sintesi-idea:  un quid che contenga il tutto.

Si evochi un’oggetto,(spillo,matita,bottone) ripercorrendo lo svolgimento dialettico-analitico: si faccia brevemente una piccola storia,descrivendola con precisione,individuandone la sua funzione.

Si cerchi di formulare il minimo indispensabile di rappresentazioni,dando luogo ad’immagine di sintesi o concetto globale,cercando poi di trattenerla interamente in tutte le sue fasi,dinanzi alla coscienza obiettivamente,come se essa fosse l’immagine iniziale dell’oggetto. Ciò non deve essere un rievocare l’oggetto iniziale ma un contemplare in un unico quadro l’insieme delle rappresentazioni create,quale sintesi totale,però riassunte in un’unica immagine.

(ad es.: concentrazione su uno spillo:

nestrazione da parte dell’uomo della pietra minerale;

nfusione con il fuoco;

nconfezionamento meccanico;

nutilizzo pratico dello spillo.

Si sono ottenute 4 fasi o rappresentazioni chiave; pietra-uomo-fuoco-macchina.

Si può a tal punto sommare una sull’altra le 4 immagini,facendole trapassare l’una nell’altra,così da formare un sovrapponimento delle 4 forme o un quadro ove esse appaiono nei quattro angoli.

Non importa se l’immagine che si genera nella coscienza potrà apparire grottesca o irreale; la chiave sta nel realizzare un “qualcosa” che sia l’insieme di tutto quel pensiero che ha generato la creazione dell’ente spillo.

A tal punto,le varie rappresentazioni devono ora ricongiungersi e fondersi l’una nell’altra; deve ripresentarsi quale risultato di tale fusione di forme,ciò che esse nel mondo fisico hanno generato come prodotto finale; la sintesi di tutti i pensieri che hanno reso possibile la forma ultima dell’oggetto prescelto inizialmente per la concentrazione.

Tale immagine-sintesi è lo spillo.   Nel tornare a rievocare lo spillo,esso deve comparire non come all’inizio,un chè di oggettivo,ma come un simbolo in cui si riassumono e si celano non più in immagine,ma come in un’occulta e segreta presenza di sentimento,i vari passaggi evolutivi che crearono la sua forma.

Una volta eletto,quale simbolo di sintesi delle 4 rappresentazioni,l’iniziale Spillo,ma solo dopo averlo rievocato togliendogli man mano tutti i dati sensibili(colore,peso,lunghezza, larghezza): deve rimanere davanti a noi non la percezione in immagine dello spillo,ma il sentore o il sentimento che un quid è lì davanti a noi,quale sintesi di varie rappresentazioni che lo hanno creato,senza alcuna forma o immagine.

Quanto più tempo tale immagine-sintesi priva di forma,può venir contemplata,tanto più la concentrazione diviene esperienza dello Spirito.

NellaConcentrazione su oggetti creati dall’uomo,il discepolo giunge a vedere e contemplare il proprio pensato,ciò che egli stesso ha creato nella sua mente quale demiurgo umano; l’immagine che appare è frutto della sua fantasia; ma non per questo essa non è comunque espressione di una realtà esistente nel mondo sensibile. Nella meditazione su enti della natura egli contempla unpensato più potente: quello della Natura creatrice.

Durante l’esercizio,è fondamentale non lasciarsi distrarre da alcun altro pensiero: se ciò si verifica,non si deve ricominciare dal punto in cui si è persa la concentrazione,ma bensì risalire la rappresentazione estranea che si è inserita,sino al punto in cui è illegittimamente intervenuta.

La concentrazione non deve aver nulla a che fare con processi speculativi: non è ammesso inserire giudizi personali nell’avvicendarsi delle concatenazioni rappresentative.

Il discepolo deve cominciare all’inizio, muovendo in sé i pensieri dialettici usuali,razionali,non quelli universali. Se il discepolo cominciasse all’inizio a concentrarsi su pensieri universali,non arriverebbe mai ad essi,introducendovi sempre qualcosa del rappresentare sensibile.

 

 

 

CONCENTRAZIONE PROFONDA

(M.Scaligero: Manuale pratico della meditazione)

 

L’immagine di sintesi che si ottiene alla fine della concentrazione deve starci dinanzi obiettivamente; non ha importanza quale forma rivesta,o che non abbia alcuna forma.

Non ci si deve preoccupare di dover vedere qualcosa con una determinata forma,ma bensì di vedere dinanzi a sé un quid che simboleggi la sintesi-pensiero. Tale quid può anche essere un nulla e tuttavia esserci. Esso deve apparire come una sorta di formula matematica,arida e obiettiva.

Tale quid deve venire contemplato con calma,decisione e sottile volontà,escludendo da sé qualsiasi moto di sentimento,emozione e passione.

Il divenire capaci di contemplare l’immagine-sintesi con purità silenziosa rappresenta sperimentare la liberazione dell’Io dall’anima,l’inizio della sua autonomia dal corpo astrale.

L’obiettivo è il divenir capaci di sviluppare attenzione pensante al di fuori dell’organismo dal quale ci si è sinora animicamente identificati. Occorre praticare una netta distinzione fra l’essere in noi che pensa e l’essere che in noi sente. Il secondo deve tacere.

Difatti il sentire,per sua forza,ricongiunge la coscienza con la corporeità,paralizzando le forze dell’anima.

L’esercizio di concentrazione si conclude con una pratica importantissima e fondamentale; dopo aver oggettivato il pensiero-sintesi,occorre porre il sentimento di fermezza e sicurezza generatosi,nella zona fra le sopracciglia,nel centro frontale interno; si deve poi portarlo in linea retta verso la nuca,per poi farlo discendere lungo l’asse della spina dorsale,sino all’ultima vertebra.

E’ il sentimento che deve discendere,quale forza liberatoria dell’Io,non l’oggetto della concentrazione: quest’ultimo è servito soltanto per la generazione di tale sentimento.

 

 

ESERCIZIO DI POTENZA DI DISTRAZIONE

(M.Scaligero: Manuale pratico della meditazione)

 

E’ la facoltà di sottrarsi a un pensiero o ad uno stato d’animo invadente.

Tale facoltà si educa esercitandosi a passare di colpo da un decorso di pensieri da cui si sia particolarmente presi,a un altro per il quale non si abbia alcun interesse,sforzandosi sino al punto di lasciarsene prendere.

(Parola chiave: “lasciamo perdere”)

L’esercizio consiste nell’immergersi in un pensiero,in un ricordo o in un sentimento attraente,sino ad una fase controllabile,per poi di colpo abbandonarlo per dedicarsi ad un pensiero o un sentimento meno attraente,nel quale poi sprofondare donando sé stessi.

L’esercizio di distrazione volitiva libera momentaneamente l’anima da Ahrimane e Lucifero.

Esso rappresenta la catarsi delle forze che si producono mediante la concentrazione.

E’ utile anche immaginarsi una situazione che abbia prodotto un forte stato d’animo, vietandosi il sentimento corrispondente; contrapponendo uno stato di assoluta imperturbabilità.

 

Allo stesso modo è bene anche esercitasi a considerare situazioni e stati d’animo sperimentati da altri,come se fossero nostri,e i propri come se riguardassero altri.